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di Gaetano De Vito* (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 23 feb - La riforma delle banche popolari rimette in discussione la tutela del credito alle imprese. L'impegno di dover affrontare la competitività globale con la moneta unica senza un efficace sistema credito ha danneggiato le attività produttive, soprattutto di minori dimensioni e meno organizzate per affrontare l'internazionalizzazione. L'euro ha di fatto amplificato questi problemi poichè non ha consentito ai paesi con economie più deboli di svalutare la propria moneta agevolando sia le esportazioni, sia i consumi di prodotti interni a discapito di quelli importati i quali, dopo le svalutazioni, diventano molto più costosi. Rinnovare il sistema delle banche popolari è comunque doveroso. Sono un ibrido anomalo. Ma l'impressione è che si guardi più alle esigenze della grande finanza che non a quelle del servizio del credito alle imprese che generano sviluppo. Questi aspetti, che con l'impossibilità di svalutare la propria moneta sono diventati punto centrale dei sistemi economici, non dovrebbero emarginare l'erogazione del credito svolto anche dagli attuali circa 400 intermediari finanziari i quali, con l'ausilio degli agenti in attività finanziaria, svolgono un ruolo centrale e capillare di diffusione del credito nel territorio. Le banche stanno a questi intermediari come la circolazione sanguigna sta alla microcircolazione. Tuttavia il sistema non permette un loro collegamento. Non va peraltro assolutamente dimenticato che le finanziarie private operano con capitali propri e selezionano clientela efficiente ed efficace ovvero tutte quelle imprese che consentiranno di agganciare la ripresa alle porte
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