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Decreto Liquidità e Garanzia della continuità aziendale – le misure relative al diritto societario + FAQ

Il decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23 recante “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali” prevede, fra l'altro, una serie di misure volte a garantire l'operatività e la continuità aziendale.

La nota di commento di Assoholding analizza in particolare le misure relative alla riduzione di capitale, ai principi di redazione del bilancio e al finanziamento dei soci.

Sul punto è la relazione illustrativa che fornisce dei chiarimenti. Infatti, mentre l’art. 7 fa riferimento ai bilanci di esercizio in corso “al” 31.12.2020, la relazione specifica che si tratta dei bilanci dell’esercizio in corso “nel” 2020. Per questa ragione, riteniamo che la norma faccia riferimento anche ai bilanci intermedi e ai bilanci consolidati.
Sì, il Decreto sostiene la continuità aziendale anche attraverso altre forme. Nello specifico, è stata prevista la proroga dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza al 1° settembre 2020, l’improcedibilità delle istanze di fallimento depositate nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno, nonché la proroga dei termini per la conclusione dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione già omologati o ancora in fase di omologazione.
L’art. 8 del Decreto liquidità ha temporaneamente disapplicato il principio di postergazione del rimborso del finanziamento effettuato dai soci o da chi esercita attività di direzione e coordinamento di cui agli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c. Questa misura è finalizzata ad incoraggiare un adeguato rifinanziamento delle imprese fortemente pregiudicate dal momento di crisi incentivando i versamenti spontanei dei soci.
Il decreto liquidità vuole evitare che le imprese che potevano godere di buona salute prima dell’emergenza sanitaria siano costrette a ridurre il capitale sociale nell’anno successivo per far fronte alle attuali e solo temporanee esigenze finanziarie. Per tale motivo la nuova norma consente la deroga all’art. 2446, commi secondo e terzo del codice civile che disciplinano, appunto, l’ipotesi di riduzione del capitale sociale per perdite.
La nuova norma consente anche di derogare all’art. 2447 c.c. e, pertanto, nel caso in cui la perdita del capitale comporti la riduzione dello stesso al di sotto del limite legale, l’assemblea non è obbligata a deliberare la riduzione e il contemporaneo aumento dello stesso ad una cifra non inferiore al minino legale o, alternativamente, la trasformazione della società.
No, l’art. 6 del D.L. Liquidità 23/2020, convertito nella legge 40/2020, sterilizza gli obblighi ai quali attenersi in presenza di un deficit patrimoniale.
L'art. 6 prevede espressamente che a decorrenza dalla data di entrata in vigore dal decreto (9 Aprile) e fino al 31 dicembre 2020, non trovano applicazioni gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Dal momento che l’esercizio si è chiuso il 31 Marzo, ossia prima dell’entrata in vigore del decreto, non potrà disapplicare le disposizioni in materia di perdite.
Per le società cooperative è prevista la deroga dell’art. 2545 duodecies del codice civile e quindi non opera la causa di scioglimento per perdita del capitale sociale e di conseguenza non scatterà l’obbligo dell’immediata convocazione dell’assemblea che avrebbe dovuto deliberare per la ricapitalizzazione ovvero per la messa in liquidazione della società cooperativa. Resta fermo in ogni caso l’obbligo degli amministratori di convocare comunque l’assemblea dei soci e di presentare loro una situazione patrimoniale aggiornata corredata dalla relazione dell’organo di controllo, ove nominato, e nel frattempo continuare a gestire l’impresa seguendo il criterio della continuità aziendale.
No, da un’interpretazione della norma emerge come il ricorso alla deroga ex art. 7 consentita solo nei casi in cui la condizione di difficoltà in cui versa l’impresa sarà recuperata mediante i risultati futuri della gestione ordinaria o prevedibili interventi straordinari (e.g. ricapitalizzazione). In questo modo, sembrerebbero escluse le situazioni in cui gli amministratori considerano la situazione di crisi in ogni caso irreversibile.
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