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La recente risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 178 del 2 settembre 2023 apre, come spiegato nell'approfondito articolo recentemente pubblicato il 16 settembre su Il Sole 24 Ore da Andrea Vasapolli, Partner at Vasapolli & Associati e membro dell'Advisory Board di Assoholding, un importante riflessione sull’importanza di una corretta pianificazione patrimoniale e sulla scelta della tipologia di società più adeguata, soprattutto quando si parla di trasferimento delle partecipazioni o dei beni detenuti dalla società.
Nel caso in esame, l’Agenzia si è pronunciata su una Società in nome collettivo (Snc) che aveva usufruito di una legge che consentiva la rivalutazione, sia civilistica che fiscale, degli immobili sociali. All’epoca, la società operava in regime di contabilità semplificata, senza registrare alcuna riserva di rivalutazione. Solo in un secondo momento, con il passaggio al regime di contabilità ordinaria, la riserva è stata iscritta in bilancio. Questo ha sollevato interrogativi sulla natura e il regime fiscale da applicare alla riserva stessa.
Richiamando la circolare 6/E del 2022, l’Agenzia ha chiarito che la riserva costituisce una riserva di utili, non sospesa d’imposta e libera da vincoli. Tuttavia, questa non genera un incremento del costo fiscale della partecipazione detenuta dai soci, nonostante la sua iscrizione in bilancio. Ciò implica che la distribuzione di tale riserva non è soggetta a tassazione per i soci e, fino a concorrenza dei redditi già imputati, riduce il costo delle loro partecipazioni.
Un aspetto centrale emerso dalla risposta è il disallineamento che spesso si verifica tra il costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni dei soci e il costo fiscale del patrimonio netto della società. In questo caso specifico, la rivalutazione degli immobili ha portato a un aumento del loro valore fiscale, ma non ha avuto lo stesso effetto sulle partecipazioni dei soci. Se la società vendesse gli immobili, potrebbe distribuire il ricavato senza oneri fiscali per i soci, mentre se i soci decidessero di vendere le loro partecipazioni, incorrerebbero in una tassazione sul capital gain, poiché il costo delle partecipazioni non è stato adeguato.
Il disallineamento tra partecipazioni e patrimonio netto è particolarmente rilevante per le società di persone, come le sempre più diffuse società semplici. L’articolo 68 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir) prevede che il costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni sia aumentato o diminuito in base ai redditi e alle perdite imputate ai soci per trasparenza. Tuttavia, le distribuzioni di utili, se superiori al reddito imponibile, non influenzano il costo delle partecipazioni.
Questo principio è stato ribadito anche nella risposta n. 754/2021, in cui l’Agenzia ha chiarito che la distribuzione di utili già imputati per trasparenza ai soci rappresenta una mera movimentazione patrimoniale, priva di rilevanza fiscale.
La complessità delle regole fiscali che governano la gestione delle riserve e delle partecipazioni richiede grande attenzione in fase di pianificazione patrimoniale e nelle operazioni straordinarie, come successioni o donazioni. Il rischio di disallineamento tra il costo fiscale delle partecipazioni e il patrimonio netto della società può comportare conseguenze fiscali significative per i soci.
Pertanto, la scelta della tipologia di società e la gestione delle riserve devono essere attentamente valutate, al fine di evitare conseguenze fiscali non previste e ottimizzare la gestione del patrimonio.
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