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La legittimità nell'applicazione del credito d'imposta per la ricerca e sviluppo (articolo 3 della legge n. 145/2013) continua a suscitare un forte dibattito. La recente sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Alessandria ha stabilito che, per beneficiare di tale incentivo fiscale, non è necessario che l’attività condotta dalle imprese porti alla creazione di prodotti o processi “assolutamente nuovi”, ma può applicarsi anche a innovazioni su software o processi già esistenti. La decisione, con il numero 193/02/2024, ha dato ragione alla società ricorrente.
La sentenza riprende una perizia che evidenzia la differenza tra l'edizione 2002 e quella del 2015 del cosiddetto "manuale di Frascati", documento chiave nelle valutazioni delle attività di ricerca e sviluppo. Tuttavia, rimangono aperte diverse questioni sull’utilizzo di questo manuale come criterio di riferimento, soprattutto in relazione alla retroattività delle sue linee guida per le attività tra il 2015 e il 2019.
Il ministero delle Imprese e del Made in Italy, nelle linee guida per i certificatori pubblicate a luglio, ha ribadito la validità del manuale di Frascati come strumento per valutare le attività ammissibili al credito d’imposta, facendo riferimento a normative comunitarie. Tuttavia, alcuni esperti sottolineano che tali comunicazioni europee non sono vincolanti per i singoli contribuenti, ma per gli Stati membri.
In vari casi, i tribunali tributari hanno messo in discussione la legittimità del manuale di Frascati come base per negare il credito d’imposta. La responsabilità di dimostrarne la validità come strumento interpretativo spetta ora all'Agenzia delle Entrate, come evidenziato in diverse sentenze precedenti da tribunali in tutta Italia. Il dibattito, dunque, è destinato a proseguire.
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