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Il decreto correttivo al Codice della crisi d’impresa approvato lunedì dal Consiglio dei Ministri interviene sull’Istituto sotto una pluralità di profili. L’obiettivo è valorizzare come strumento per favorire una fuoriuscita soft dalla crisi d’impresa.
Innanzitutto, si chiarisce che per accedere alla composizione negoziata, è possibile farvi ricorso in caso di crisi, insolvenza dell’impresa, oppure, diversamente da altri strumenti di regolazione della crisi, in situazioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario.
Un aspetto cruciale riguarda le trattative con gli istituti di credito. Il decreto, oltre a richiedere una partecipazione attiva e informata da parte di questi ultimi, propone una soluzione specifica per l’afflusso di credito all’impresa. L’obiettivo è bilanciare la necessità dell’impresa di mantenere liquidità con l’esigenza degli istituti di credito di non subire danni a causa di una normativa che impone di continuare a erogare finanziamenti, mettendo a rischio la loro integrità patrimoniale.
Nella pratica, il ministero della Giustizia osserva che l’accesso alla composizione negoziata spesso porta gli istituti di credito a sospendere o interrompere le linee di credito, appellandosi alla disciplina prudenziale e rischiando così di compromettere il processo di risanamento dell’impresa. Per affrontare queste criticità, è stato chiarito il rapporto tra accesso alle trattative e normativa prudenziale bancaria, stabilendo che l’accesso alla composizione negoziata non comporta automaticamente una diversa classificazione del credito.
In questo modo, si enfatizza la necessità che gli istituti bancari valutino caso per caso se l’impresa che avvia le trattative si trovi effettivamente in una situazione di difficoltà tale da attivare la normativa prudenziale, considerando le condizioni dell’impresa e, soprattutto, il progetto di piano depositato e le concrete prospettive di risanamento.
Inoltre, la composizione negoziata, come evidenziato dalle condizioni di accesso, è uno strumento utilizzabile anche in situazioni di pre-crisi e, comunque, solo nei casi in cui sia possibile il pieno recupero dell’equilibrio economico-patrimoniale dell’impresa.
Infine, il decreto prevede che la prosecuzione dei rapporti non costituisca motivo di responsabilità per gli istituti bancari, proteggendoli da possibili azioni future di concessione abusiva del credito e incoraggiando, indirettamente, la concessione di liquidità all’impresa.
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