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Osservazioni alla Bozza di circolare in tema di PIR in consultazione pubblica.

Assoholding, nell’accogliere con piacere l’opportunità di confronto dell’Autorità, con tale documento espone le proprie osservazioni alla Bozza di circolare in tema di PIR in consultazione pubblica.

Assoholding è l’associazione di categoria delle holding di partecipazione e ha come scopo principale quello di rappresentare gli interessi delle holding presso le istituzioni, di svolgere attività di informazione e ricerca sulla normativa di riferimento sia primaria che secondaria e di fornire le direttive interpretative sulla legislazione tributaria, affinché sia assicurata la corretta applicazione delle norme da parte degli Associati.

L’Associazione, ringraziando l’Autorità per l’invito, trasmette di seguito le osservazioni che si permette di sottoporre alla Vostra valutazione:

1. L’Associazione richiede una precisazione in riferimento alla tipologia di società holding attraverso le quali è possibile detenere, indirettamente, gli investimenti qualificati. Non risulta chiaro, infatti, in che modo l’interpretazione della norma primaria consideri la definizione di intermediari finanziari e società di partecipazione ai sensi del nuovo art. 162-bis del decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), stante il generico riferimento alle holding indicato nella Bozza.

In particolare, sarebbe opportuno specificare se la norma si intende applicabile alle c.d. “holding pure”, le quali non esercitano alcuna attività produttiva ma accentrano le funzioni di pianificazione, finanza ed eventualmente di controllo del gruppo, oppure anche alle c.d. “holding miste”, le quali, oltre all’attività di pianificazione, finanza e controllo, esercitano anche un’attività di ricerca e sviluppo e/o un’attività produttiva diretta.

La tesi sostenuta dall’Associazione è quella di ricomprendere esclusivamente le c.d. “holding pure”, evitando così eventuali contrasti con l’attività commerciale svolta dalle c.d. “holding miste”. A tal fine, non è superfluo evidenziare come la normativa di primo livello (art. 162-bis, c.1, lett. c, TUIR) definisca – per la prima volta in modo esplicito – le holding a cui l’Associazione intende riferirsi nelle osservazioni di cui sopra, ossia
quelle che svolgono “in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni”.

Fermo restando quanto appena rilevato, si richiede inoltre se possono assumere la veste di piccole e medie imprese (PMI) innovative ex art. 4 del del decreto legge 24 gennaio 2015, n.3, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2015, n.33, le società holding che oltre all’attività di compliance (e al rispetto dei requisiti previsti) svolgono anche un’attività collaterale di ricerca e sviluppo nei settori industriali e commerciali in cui si intende investire, rappresentando di fatto un’attività
connessa e strumentale alle gestione degli investimenti stessi.

Infine, l’Associazione richiede una precisazione circa l’effetto congiunto delle diverse agevolazioni fiscali in tema di PIR e di investimenti in start-up e PMI innovative nelle ipotesi in cui tali investimenti siano detenuti tramite società holding.

2. Sempre in tema di holding, l’Associazione osserva come sia stata resa possibile, anche per mezzo di holding estere, l’assunzione di partecipazioni sociali con le modalità che consentono di ottenere le
agevolazioni riferite ai PIR. Al riguardo, tenuto conto della necessaria attività di compliance e di verifica continuativa circa il mantenimento dei requisiti indicati dalla normativa per ottenere i benefici fiscali, la sottoscritta Associazione riterrebbe configurarsi la fattispecie secondo cui la holding dovrebbe corredarsi di una stabile organizzazione in Italia, così come disciplinata dall’art. 162 del TUIR. Infatti, considerando soprattutto la diversificazione degli strumenti finanziari presenti
nei PIR (cfr. limite di concentrazione ex art. 1, comma 103, legge di bilancio 2017), la presenza di una stabile organizzazione italiana garantirebbe che l’attività di monitoraggio e compliance – imprescindibile per le motivazioni precedentemente analizzate – sia svolta in modo continuo.

Quanto appena evidenziato è avvalorato anche dalla novella legislativa circa la definizione di stabile organizzazione, di cui alla lettera f-bis del suddetto articolo 162 del TUIR, che prevede tale fattispecie in presenza di “una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una consistenza fisica nel territorio stesso”.

Inoltre, è opportuno evidenziare che nell’ipotesi in cui una holding italiana (mediante la quale detenere gli investimenti qualificati) deliberi di trasferire la propria residenza fiscale all’estero, essa non sarà assoggettata né alla disciplina dell’imposizione in uscita (exit tax) ex art.166 TUIR, né alla comunicazione dei cosiddetti “meccanismi transfrontalieri” ai sensi della Direttiva DAC 6, proprio in virtù del fatto di aver mantenuto una stabile organizzazione in Italia.

Diverso, invece, sarebbe il caso in cui l’ottenimento del regime fiscale favorevole fosse conseguito per il tramite degli Special Purpose Vehicle (SPV) esteri, rispetto ai quali l’attività di monitoraggio e compliance è svolta in Italia dal Master Servicer di riferimento – iscritto all’albo ex art. 106 del Testo Unico Bancario (TUB) – sotto la vigilanza della Banca d’Italia. A ciò si aggiunge come gli SPV esteri, che non svolgono alcuna attività d’impresa collegata ad un’azienda italiana, non assumono la
forma di subsidiaries.

3. In tema di PIR Alternativi, l’Associazione richiede inoltre di meglio specificare le modalità di detenzione indiretta degli investimenti qualificati tramite gli SPV. Tale richiesta nasce dal fatto che, a differenza di quanto accade nelle holding, i rapporti principali instaurati dagli SPV non sono con i soci bensì con gli investitori delle notes emesse, i quali posseggono diversi diritti a seconda della tranche sottoscritta e delle condizioni contrattuali stabilite. Questo aspetto risulta essere particolarmente rilevante soprattutto ai fini del calcolo dell’effetto demoltiplicativo necessario per
quantificare l’investimento qualificato.

4. Circa la possibilità concessa dal Legislatore di includere tra gli investimenti qualificati anche la concessione di prestiti alle imprese di cui al comma 2-bis dell’art. 13-bis del decreto legge 26 ottobre 2019, n.124, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 2019, n.157, nonché l’acquisizione dei crediti delle medesime imprese, l’Associazione chiede che sia confermata la possibilità di includere tra gli investimenti qualificati dei PIR Alternativi anche i titoli obbligazionari Asset Backed Securities (ABS) detenuti per almeno cinque anni, indipendentemente dalla loro
eventuale suddivisione in tranches, emessi dagli SPV residenti in Italia e in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione.

5. In ultimo, sempre con riferimento alla possibilità di detenere gli investimenti qualificati tramite società holding, l’Associazione scrivente ritiene che debba escludersi ab origine l’applicazione della
disciplina delle società di comodo ex art. 30 della legge 23 dicembre 1994, n.72, in quanto: 1) la premialità delle holding che investono nei PIR è, per destinazione, agganciata ai ritorni a medio/lungo termine che non permettono di conciliarsi e contestualizzarsi con previsioni di ricavi annuali minimi; 2) l’investimento in PIR tramite società holding non può che imporre la costituzione societaria di queste ultime sotto forma di società di capitali, configurandosi così la principale causa
di esclusione dalla suddetta normativa (cfr. art. 30, c.1, n.1, legge 23 dicembre 1994, n.72).

* * *
Auspicando di aver fornito elementi utili e rimanendo a disposizione per ogni ulteriore
approfondimento, è gradita l’occasione per porgere i migliori saluti.

Il Presidente

Prof. Dott. Gaetano De Vito

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