Egregi Signori,
Assoholding, nell’accogliere con piacere l’opportunità di confronto dell’Autorità, con tale documento espone le proprie osservazioni circa la consultazione pubblica in oggetto.
Assoholding è l’associazione di categoria delle holding di partecipazione e ha come scopo principale quello di rappresentare gli interessi di queste ultime presso le istituzioni, di svolgere attività di informazione e ricerca sulla normativa di riferimento, sia primaria che secondaria, e di fornire le direttive interpretative sulla legislazione tributaria, affinché sia assicurata la corretta applicazione delle norme da parte degli Associati.
L’Associazione, ringraziando l’Autorità per l’invito, trasmette di seguito le osservazioni – riportate secondo l’ordine di trattazione adottato dalla bozza di circolare – che si permette di sottoporre alla Vostra valutazione:
1. Tematica: Reddito d’impresa: valutazione delle cripto-attività
Paragrafo della circolare: 3.5
Osservazione: Non previste le conseguenze fiscali sul valore di iscrizione delle cripto-attività in sede di passaggio ai principi di derivazione rafforzata.
Contributo: La bozza di circolare chiarisce che i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività siano sterilizzati ai fini fiscali e non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES) e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Infatti, sia per i soggetti Ias che per quelli Oic, (ad eccezione delle microimprese che non redigono il bilancio in forma ordinaria), la circolare segue quanto stabilito dal co. 3-bis dell’art. 110 del Tuir, per cui è previsto che le valutazioni delle cripto-attività alla data di chiusura del periodo di imposta non assumano rilevanza fiscale, a prescindere dalla loro imputazione al conto economico.
Sul tema, oltre a condividere appieno tale impostazione, si ritiene auspicabile che, nell’ottica degli effetti dell’imminente riforma fiscale, al momento di entrata in vigore della derivazione rafforzata, ossia quando le variazioni di valore assumeranno rilevanza anche fiscale, il valore di prima iscrizione di tali cripto-attività non subisca alcun impatto a livello di imposte sui redditi.
Finalità: Neutralizzare gli effetti del passaggio ai principi di derivazione rafforzata sul valore di prima iscrizione delle cripto-attività.
2. Tematica: Non Fungible Token (NFT)
Paragrafo della circolare: 3.7.1.3
Contributo: Come rappresentato nella circolare, gli NFT sono rapporti digitali trasferibili, archiviabili e negoziabili, che incorporano un diritto su qualsivoglia asset fungibile o infungibile. Seguendo, come suggerisce la circolare, l’approccio “lookthrough” raccomandato dall’Ocse, al fine di individuare la disciplina Iva di un particolare NFT, diventano dirimenti le pattuizioni contrattuali associate allo specifico NFT, intese come diritti o più in generale come gli asset che incorpora l’NFT stesso, oltre le modalità di circolazione di questo strumento. Tali pattuizioni, in genere codificate con smart contract, generano l’NFT ed il suo sottostante.
Come rappresentato nella bozza, in merito ai profili Iva, occorre tener presente che il sottostante può essere rappresentato da beni servizi o diritti, che nascono di per sé come digitali o come fisici. Adottando l’approccio “lookhrough”, l’NFT presenta la natura di mero veicolo attraverso cui avviene il trasferimento dei beni o servizi che incorpora. Ne consegue la prevalenza della disciplina Iva del sottostante. In particolare se il sottostante è un asset digitale, al trasferimento dell’NFT si applica la disciplina propria dei servizi elettronici. Viceversa, se il sottostante è materiale, la disciplina Iva sarà regolata dalla disciplina specifica di detto asset sottostante.
Sul tema, con riferimento alla non coincidenza della circolazione dell’NFT rispetto al bene sottostante, basti pensare alle opere dell'ingegno, agli immobili o mobili registrati, la cui proprietà non può essere trasferita tramite NFT, la sottoscritta associazione ritiene che un aspetto particolare attenda alle operazioni di leasing finanziario o operativo e alla loro classificazione in bilancio, dove ai sensi dello Ias 16 il leasing viene qualificato come un contratto per mezzo del quale il locatore trasferisce al locatario esclusivamente il diritto di utilizzo di un bene per un periodo di tempo limitato.
In caso di leasing non essendoci il trasferimento di proprietà, il trasferimento di diritto sottostante opera nello stesso momento in cui rendo l’NFT oggetto di contratto di locazione finanziaria. È del tutto evidente che il regime iva debba essere ricondotto a quello attribuibile all’operazione di leasing del bene sottostante.
Una riflessione andrebbe fatta con riferimento all’iscrizione in bilancio di tale NFT, sia da parte del locatore che del locatario, nonché poi alla permutazione dell’oggetto del riscatto che non sarà un NFT ma il bene fisico sottostante. A tal fine, si ritiene che al momento del riscatto del bene, il suo valore debba neutralizzare il valore dell’NFT precedentemente iscritto e che lo stesso, al momento del riscatto, non debba assumere alcuna rilevanza, né giuridica né fiscale, sia sotto il profilo delle imposte dirette che indirette.
Finalità: Chiarire le regole di iscrizione contabile e di applicazione Iva degli NFT aventi come sottostante degli smart contract con ad oggetto leasing su beni immobili e mobili registrati, anche in riferimento al momento del riscatto di tali beni.
3. Tematica: Non Fungible Token (NFT)
Paragrafo della circolare: 3.7.1.3
Osservazione: Non disciplinato il caso di NFT con valore aggiunto rispetto a quello del sottostante cui è legato o con valore autonomo in assenza di bene sottostante.
Contributo: Come precedentemente esposto al punto sub. 2, la circolare in commento chiarisce che, ai fini della corretta applicazione Iva sugli NFT, è necessario rifarsi al bene sottostante cui il suo valore è agganciato secondo l’approccio “lookthrough”. Tale impostazione risulta senz’altro condivisibile in quanto le cripto-attività, soprattutto in materia Iva, non possano ricevere un trattamento univoco ed è pertanto necessario trovare soluzioni mirate e che consentano di adattarsi al particolare tipo di cripto-attività di volta in volta scambiato. Sul tema tuttavia, è necessario evidenziare come rifarsi ai beni sottostanti allo strumento cripto utilizzato, secondo l’approccio “lookthrough” può risultare, nel caso di particolari tipologie di NFT, di difficile applicazione e portare a grande incertezza.
È il caso di tutti quegli NFT che godono di valore autonomo, o che detengano un valore aggiunto intrinseco che si somma a quello del bene sottostante cui sono legate. Per tali fattispecie sarebbe opportuno chiarire quale sia il regime Iva applicabile.
Finalità: Chiarire il regime Iva da applicare agli scambi di NFT con valore autonomo o con valore aggiunto che si somma a quello del bene sottostante cui sono legate.
4. Tematica: Regime del risparmio amministrato
Paragrafo della circolare: 3.2.2
Osservazione: Difficile applicazione pratica.
Contributo: In applicazione di quanto previsto dalla legge di bilancio viene prevista la possibilità di optare per il regime del risparmio amministrato. Ai sensi dell’art. 6, comma 1, del d.lgs. 461/97, gli intermediari abilitati a ricevere l’opzione sono le banche, le SIM e gli altri soggetti individuati dal DM 2 giugno 1998 (ivi comprese le società fiduciarie) e dal DM 25 giugno 2002 (tra questi le società di gestione del risparmio); per effetto delle nuove disposizioni contenute nella legge di bilancio, vengono abilitati quali sostituti d’imposta, esclusivamente per la tassazione delle plusvalenze e degli altri proventi derivanti dalle cripto-attività, anche gli operatori non finanziari di cui alle lettere i) e i-bis) del comma 5 dell’articolo 3 del d.lgs. 231/07 (trattasi dei cosiddetti Cripto Asset Service Provider - CASP).
Le verifiche operative effettuate al fine di definire tempi e modi dell’eventuale svolgimento dell’attività di sostituto d’imposta sui redditi derivanti da cripto-attività hanno messo in evidenza che i detentori di cripto-attività pongono mediamente in essere numerose operazioni nel corso della stessa giornata e spesso utilizzando diversi CASP. L’acquisizione delle informazioni necessarie per poter svolgere l’attività di sostituto d’imposta risulta pertanto essere decisamente complessa, per non dire quasi impossibile anche per soggetti, come le società fiduciarie, che da ormai 25 anni svolgono tale attività su una molteplicità di redditi, spesso di fonte estera, e provenienti da diversi canali, bancari e non, e sia attraverso l’utilizzo di flussi cartacei che informatici. Al fine di consentire ai sostituti d’imposta di svolgere il relativo ruolo nel modo più efficace e funzionale si dovrebbe ipotizzare, in luogo della registrazione degli innumerevoli movimenti di acquisto e vendita di cripto-attività ovvero delle ancor più numerose operazioni di staking (sul singolo portafoglio cripto possono essere centinaia quelle fatte in un solo giorno), ciascuna delle quali potenzialmente generatrice di materia impositiva, un meccanismo di calcolo su base mensile quale delta fra il valore a fine mese e quello di inizio mese (una sorta di risparmio gestito) con versamento dell’imposta sostitutiva il 16 del secondo mese successivo con possibilità di compensazione tra i diversi wallet detenuti dal singolo contribuente aventi tutti ad oggetto cripto-attività.
Finalità: agevolare l’attività del sostituto d’imposta e, con essa, rendere più rapido e certo per lo Stato l’incasso delle imposte.
5. Tematica: Imposta sul valore delle cripto-attività
Paragrafo della circolare: 3.7.3
Osservazione: Valore di mercato di difficile applicazione pratica per la determinazione della base imponibile. Costo di acquisto come valore più stabile, agevole da riscontrare e in linea con i precedenti di prassi riguardanti l’Ivafe.
Contributo: L’IVCRA a partire dal 2023 è dovuta da tutti i soggetti che possiedono cripto- attività e non solo dai soggetti tenuti al monitoraggio fiscale (D.L. 167/1990). Si tratta di una sorta di “IVAFE speciale” posto che la Legge di Bilancio 2023 la inserisce nell’art. 19, D.L. 201/2011 prevedendo espressamente che non si applicano le limitazioni soggettive previste ai fini IVAFE. In merito alla valorizzazione delle cripto-attività ai fini IVCRA la bozza di circolare precisa che si debba fare riferimento ad una sorta di valore di mercato. In particolare, secondo la bozza di circolare “La base imponibile è costituita dal valore corrispondente al valore delle cripto-attività al termine di ciascun anno solare rilevato dalla piattaforma dell’exchange dove è avvenuto l’acquisto della stessa. Qualora non sia possibile rilevare il valore al 31 dicembre dell’anno di riferimento dalla piattaforma dove è stata originariamente acquistata la cripto- attività, tale valore potrà essere rilevato da analoga piattaforma dove le medesime cripto-attività sono negoziate”.
Non si fa alcun riferimento al costo storico di acquisto, neanche quale criterio residuale (a differenza di quanto chiarito nel precedente par. 3.7.2 a proposito dell’imposta di bollo2). Tuttavia, sulla base del dato normativo (art. 19, D.L. 201/2011) e dei precedenti documenti di prassi in materia di IVAFE e monitoraggio fiscale (circolare 28/E/2012, Provvedimento 151663/2013, circolare 38/E/2013) sembrerebbe opportuno valorizzare le cripto-attività al costo di acquisto posto che il valore di mercato è utilizzabile per le sole attività finanziarie che abbiano una quotazione nei mercati regolamentati. Altrimenti, così come chiarito nei citati documenti di prassi, si deve utilizzare il valore nominale oppure, in assenza di quest’ultimo, il valore di rimborso e, qualora non vi sia neanche un valore di rimborso, risulta applicabile il costo di acquisto. Tale ultimo criterio, in definitiva, sembra l’unico utilizzabile per quanto concerne le cripto-attività che, per definizione, non sono quotate su alcun mercato regolamentato, né hanno un valore nominale o di rimborso. Ciò dovrebbe valere, quanto meno a partire dal periodo di imposta 2023 (in cui le cripto-attività sono state autonomamente e specificamente disciplinate a livello fiscale, cessando pertanto la precedente equiparazione fra criptovalute e valute estere fiat a cui si rifaceva la prassi dell’Agenzia delle Entrate) anche ai fini:
• dell’imposta di bollo (di cui l’IVAFE, e quindi l’IVCRA che di quest’ultima costituisce una versione “speciale”, rappresentano l’omologo sul versante degli asset finanziari esteri) e
• del monitoraggio fiscale per la compilazione del quale valgono le regole previste ai fini IVAFE e ora, per le cripto, anche ai fini IVCRA (potrebbe pertanto valer la pena inserire una specifica in tal senso nel paragrafo 3.4 dedicato alle novità della Legge di Bilancio 2023 in materia di monitoraggio fiscale in cui non è chiarito il valore da riferimento).
Da ultimo sarebbe utile confermare che l’IVCRA (e parimenti l’imposta di bollo) per i soggetti diversi dalle persone fisiche non può comunque superare i 14.000 euro (art. 19, c. 20, D.L. 201/2011).
Finalità: allineare la valorizzazione delle cripto nell’ambito dell’IVCRA, dell’imposta di bollo e del monitoraggio fiscale (quadro RW) ancorandolo a dati oggettivi (il costo di acquisto) più facilmente riscontrabile sia dagli operatori che dalle autorità preposte ai controlli e non a dati (“valori di mercato”), utilizzabili in linea di principio per attività negoziate in mercati regolamentati, ma non per le cripto-attività i cui valori sono estremamente fluttuanti anche nell’arco di una stessa giornata oltre che nel corso dell’anno, nonché diversi a seconda delle piattaforme di riferimento utilizzate per ricavarne la “quotazione”, quando disponibili.
6. Tematica: Territorialità.
Paragrafo della circolare: 5
Osservazione: Necessità di delineare la definizione anche in coerenza con il CARF e la DAC 8
Contributo: La circolare precisa che nei confronti dei soggetti non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera f), Tuir i redditi diversi derivanti dalle cripto-attività che si trovano in Italia. Pertanto, nei confronti dei soggetti non residenti sono imponibili in Italia i redditi diversi derivanti dal rimborso, cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione delle cripto-attività attraverso i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale di cui all’articolo 3, comma 5, lettera i), del decreto legislativo n. 231 del 2007 e i prestatori di servizi di portafoglio digitale di cui alla successiva lettera i-bis) residenti in Italia, come individuati dall’articolo 1, comma 2, lettere b) e c), del d.m. 13 gennaio 2022, nonché quelle derivanti da cripto-attività archiviate su eventuali supporti informatici (quali ad esempio chiavette USB) detenute in Italia.
Ritenendo che per “cripto-attività archiviate su eventuali supporti informatici” (quali ad esempio chiavette USB) si intenda quelle archiviate in portafogli digitali non associati a prestatori di servizi di portafoglio digitale, il concetto di territorialità dovrebbe essere reso coerente con le procedure di scambio d’informazioni previste dal Crypto-asset Reporting Framework OCSE e la DAC 8.
In particolare, con il fatto che sia in base Reporting Crypto asset Service Providers sia in base alla DAC 8 i fornitori di servizi in cripto-attività devono comunicare i trasferimenti fatti dal cliente verso portafogli virtuali non associati con fornitori di servizi digitali o istituzioni finanziarie [Parte I, Sezione II, A.3.(i)].
Consegue che, nel momento in cui le cripto attività vengono trasferite da un portafoglio digitale detenuto per il tramite di un fornitore di servizi di portafoglio digitale ad un portafoglio non detenuto per il tramite di un tale prestatore di servizi, il trasferimento viene comunicato alle autorità competenti perché le cripto-attività cessano di essere custodite attraverso il circuito dei fornitori di servizi di portafoglio digitale e quindi escono dal sistema in cui opera lo scambio di informazioni. In questo caso le cripto attività dovrebbero essere considerate non detenute in Italia esattamente come nel caso in cui siano custodite in wallet associati a prestatori di servizi di portafoglio digitale non residenti in Italia. Il luogo di detenzione della chiavetta (che può anche essere un foglio di carta, un cellulare, un computer; ma la chiave privata, in via del tutto teorica, potrebbe essere anche tenuta a mente) non pare rilevante, oltre che difficile da dimostrare.
Tutte le cripto-attività detenute in portafogli digitali non associati ai fornitori di servizi di portafoglio digitale residenti in Italia dovrebbero essere considerate, quindi, detenute all’estero.
Finalità: Rendere il confine fra attività detenute in Italia e detenute all’estero il più possibile “oggettivo”.