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Nella panoramica aziendale attuale, i gruppi d’impresa rappresentano sicuramente uno dei fenomeni più importanti ed interessanti della moderna realtà economica e giuridica, sia a livello nazionale che a livello internazionale.
L’attività di direzione e coordinamento, o comunque, in via più generica, la direzione unitaria stabilita dalla capogruppo, nonostante la sua complessità, è spesso sottovalutata, sia dagli imprenditori in fase di costituzione di un gruppo, sia anche da parte del legislatore.
Stante la detenzione di partecipazione al capitale di altre imprese, la holding è un’entità che può svolgere, su una o più società partecipate, il ruolo di direzione e di coordinamento ai sensi degli artt. 2497 e seguenti del codice civile. Tale attività, presunta in capo alla holding che detiene il controllo di una o più partecipate può essere svolta, ai sensi dell’art. 2497-septies del codice civile, anche nei confronti di società di cui non possieda il controllo.
Stante la detenzione di partecipazione al capitale di altre imprese, la holding è un’entità che può svolgere, su una o più società partecipate, il ruolo di direzione e di coordinamento ai sensi degli artt. 2497 e seguenti del codice civile. Tale attività, presunta in capo alla holding che detiene il controllo di una o più partecipate può essere svolta, ai sensi dell’art. 2497-septies del codice civile, anche nei confronti di società di cui non possieda il controllo.
Il principale riferimento normativo relativo alla responsabilità delle società che, sulla base di un controllo diretto o indiretto, esercitano attività di direzione e coordinamento è rinvenibile nell’art. 2497 del codice civile.
Alla luce di quanto esposto nei paragrafi precedenti, è il caso di evidenziare come l’attività d’impresa possa senz’altro essere svolta anche da una holding di partecipazione pura, qualora questa riguardi l’attività economica riconducibile alla gestione e al coordinamento economico-finanziario, in ottica di gruppo, delle sue partecipate.
L’attuale formulazione della normativa3 dei Piani Individuali di Risparmio a lungo termine prevede espressamente, sia con riferimento ai PIR “ordinari” che a quelli “alternativi”, la possibilità di effettuare gli investimenti qualificati (riguardanti la quota obbligatoria) anche in modo “indiretto”, ossia – come meglio chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare del 29 dicembre 2021, n.19/E – per il tramite di veicoli societari, italiani o esteri, in quest’ultimo caso a condizione che i veicoli societari siano istituiti in Stati UE o SEE (anche senza stabile organizzazione) che consentano un adeguato scambio di informazioni.
La direttiva UE n. 34 del 2013 relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio, pone in evidenza, tra le tante tematiche affrontate, la definizione di enti di investimento e di imprese di partecipazione finanziaria, qui di seguito riportate e ciò con lo scopo di definire il perimetro di questi enti, ai quali è stata esclusa la possibilità di redigere il bilancio secondo lo schema riservato alle micro imprese.
L’ente di investimento può essere, pertanto, una società che secondo la definizione ha ad oggetto l’investimento dei propri fondi in valori mobiliari diversi. L’investimento dei propri fondi in valori mobiliari diversi può far riferimento anche ad investimenti effettuati in partecipazioni, posto che le azioni, ma anche le quote di start up che partecipano ai piani di crowdfunding, sono comunque da classificarsi, in senso oggi atecnico, tra i valori mobiliari.
Altri tipi di enti che possono ricadere all’interno di tale categoria sono le cosiddette merchant bank o semplicemente delle holding che investono in comparti diversificati o ancora delle società finanziarie che posseggono quote di partecipazioni minoritaria in imprese che svolgono attività differenti per ripartire il rischio, in cui per l’appunto l’andamento negativo di una partecipata può essere compensato dall’andamento positivo di un’altra. Pertanto, si può affermare che molte holding possono essere considerate come enti di investimento.
Per quanto riguarda la definizione di imprese di partecipazione finanziaria l’oggetto esclusivo cui si fa riferimento dovrebbe coincidere con l’attività effettivamente esercitata dalla società e non con il complesso delle attività elencate all’interno dell’oggetto sociale.
Riprendendo il criterio di proporzionalità dei costi di compliance di cui alla suddetta direttiva, le micro imprese dispongono di risorse limitate per rispettare specifici obblighi di legge impegnativi e ciò in quanto tali norme risultano essere sproporzionate rispetto alle dimensioni effettive di tali imprese.