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Circolare Assoholding n. 1/2020: Inquadramento degli intermediari finanziari e impatto della nuova normativa ATAD sulle società non operative [Abstract]

  • 02 Ott 2020
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INQUADRAMENTO DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI E IMPATTO DELLA NUOVA NORMATIVA ATAD SULLE SOCIETÀ NON OPERATIVE

 

1. Approfondimenti sulla normativa ATAD e sugli intermediari finanziari

 

Nella seduta dell’8 agosto 2018 il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di Decreto legislativo con cui il Governo ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016 - ATAD 1, Anti Tax Avoidance Directive, che fa parte del pacchetto antielusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale. Essa si basa sulle raccomandazioni dell’OCSE del 2015 volte ad affrontare l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (progetto BEPS, Base Erosion and Profit Shifting): si tratta di azioni per contrastare le politiche di pianificazione fiscale aggressiva e per evitare lo spostamento di base imponibile dai Paesi ad alta fiscalità verso altri con pressione fiscale bassa o nulla da parte delle imprese multinazionali, puntando a stabilire regole uniche e trasparenti condivise a livello internazionale.

2. Le società obbligate a costituirsi sotto forma di società di capitali ai sensi della normativa atad e i riflessi sulla disciplina delle società non operative

Pare doveroso mettere in luce che l’inquadramento dei soggetti che svolgono attività di assunzione di partecipazioni ai fini dell’obbligo o meno di costituirsi sotto forma di società di capitali dovrebbe essere chiarito, soprattutto con riferimento alla nuova normativa ATAD, avendo lo stesso dei risvolti anche sull’applicazione della disciplina delle società di comodo di cui alla legge n. 94 del 1994. Nel caso di società di partecipazione finanziaria il problema dell’applicabilità alle stesse della disciplina delle società di comodo è risolto a monte, dal momento che esse assumono partecipazioni in soggetti esclusi dalla normativa stessa in quanto obbligati a costituirsi sotto forma di società di capitali.

3. Impatto sui nuovi intermediari finanziari della normativa sulle società di modo

Il termine “società di comodo” delinea nella realtà giuridica attuale una molteplicità di ipotesi caratterizzate da un utilizzo improprio della veste societaria. In diritto civile il termine identifica una pluralità di ipotesi relative a fattispecie caratterizzate da un uso della forma societaria per perseguire un fine differente rispetto a quello che fisiologicamente la governano secondo i principi generali dell’ordinamento e dunque dal conferimento di beni e servizi per l’esercizio in comune di un’attività d’impresa alla scopo di dividerne gli utili ai sensi dell’art. 2247 del c.c.2
Il codice civile non regola espressamente le conseguenze derivanti dalla costituzione di una società di mero godimento, ma si limita ad affermare, nell’art. 2248, la non applicabilità della disciplina della società senza stabilire alcuna disposizione espressa in merito alla nullità del contratto sociale per le ipotesi in esame.

3.1 Segue: conseguenze derivanti dalla qualifica di società di Modo

Lo status di società di comodo derivante dal mancato superamento del test di operatività comporta un particolare meccanismo di definizione delle imposte sui redditi ed una peculiare disciplina ai fini IVA. In particolare:
- ai fini delle imposte sul reddito (IRPEF ed IRES), alle società non operative è fatto divieto di dichiarare un reddito inferiore a quello minimo presunto.

In particolare, la base imponibile ovvero il reddito minimo è determinato in misura pari alla somma dei seguenti valori:

· 1.5% dei beni di cui al comparto A;
· 4.5% dei beni di cui al comparto B;
· 12% delle altre immobilizzazioni di cui al comparto C.

3.2 Segue: cause di esclusione e di disapplicazione

L’applicazione delle conseguenze brevemente delineate nel paragrafo precedente può essere evitata in presenza di specifiche cause esimenti o disapplicative, senza necessità di presentare apposita istanza di interpello né di avviare un procedimento di verifica o di adire un organo amministrativo.11 Si tratta di fattispecie eterogenee che rispondono ad una ratio unitaria e cioè quella di escludere dall’ambito di applicazione della disciplina organismi che non mostrano elementi tali da realizzare un utilizzo di comodo della veste commerciale.

4. Trattamento delle holding che svolgono attività di investimento di portafoglio

Con tale termine si intende la società capogruppo (o società madre) che controlla, direttamente o indirettamente, altre società mediante il possesso di partecipazioni azionarie e dirige la loro attività per il conseguimento del cosiddetto interesse di gruppo ovvero che partecipa nelle stesse anche con quote di minoranza. Se la capogruppo non svolge alcuna attività di produzione e scambio di beni e servizi ma si limita a dirigere le società partecipate, come nel caso in esame, essa si definisce holding “pura”. Queste ultime possono essere sia società operative sia sub-holding 30.
Sono, invece, qualificate holding “miste” quelle che, oltre a detenere partecipazioni in altre società, svolgono anche una attività di produzione o di scambio di beni e servizi. La presunzione di non operatività è applicabile alle holding costituite sia sotto forma di società di capitali, sia sotto forma di società di persone, che non ricevono mai dividendi né conseguono altri ricavi, limitandosi ad una mera intestazione di partecipazioni. Nei vari provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate sono stati forniti chiarimenti in merito alla disapplicazione della normativa sulle società di comodo per le holding 31 che proprio per le caratteristiche intrinseche della loro attività possono più facilmente “incorrere” nella disciplina delle società non operative.

4.1 Partecipazioni in società di investimento quali SICAV/SICAF

Per quel che riguarda le partecipazioni in fondi, il D. Lgs. 58 del 24 febbraio 1998, (d’ora innanzi TUF) all’art. 1, comma 1, lett. n), definisce la gestione collettiva del risparmio come “il servizio che si realizza attraverso la gestione di OICR e dei relativi rischi”. La definizione del TUF quindi rinvia a quella di OICR (organismo di investimento collettivo del risparmio) contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. k), il quale risulta essere “l’organismo istituito per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l’emissione e l’offerta di quote o azioni, gestito in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati, a favore di soggetti diversi da consumatori, a valere sul patrimonio dell’OICR, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata”.

4.2 Partecipazioni in fondi comuni di investimento tramite SGR

Pare opportuno soffermarsi sulla qualificazione da attribuire, ai fini fiscali, alle quote di partecipazione ai fondi comuni di investimento, chiedendosi, in particolare, se queste possano essere considerata alla stregua di:
· titoli aventi natura partecipativa, quali ad esempio azioni, quote di partecipazioni o strumenti finanziari similari alle azioni ex art. 85, comma 1, lett. c) e d) del TUIR;
· altri titoli in serie o di massa ex art. 85, comma 1, lett. e), del TUIR.

4.3 Polizze assicurative

Per quel che attiene le polizze assicurative, va rilevato come molto spesso società esercenti attività commerciale decidano di sottoscrivere contratti di assicurazione sulla vita a prevalente contenuto finanziario, come le polizze ramo I, III, V o anche polizze cosiddette multi-ramo. Da un punto di vista civilistico, la polizza di assicurazione sulla vita è un contratto con il quale l’impresa di assicurazione, dietro pagamento di un premio da parte del contraente si obbliga ad erogare al beneficiario un capitale o una rendita in dipendenza di un evento attinente alla vita dell’assicurato.
Circa la riconduzione delle polizze a quanto previsto dall’art. 85 del TUIR, si sostiene che le stesse non possano essere qualificate quali azioni o partecipazioni in quanto esse non sottendono una partecipazione al capitale o al patrimonio di una società. Non possono neanche essere considerate né come strumenti finanziari assimilati alle partecipazioni ai sensi dell’art. 44 del TUIR poiché non caratterizzate da una remunerazione totalmente commisurata agli utili d’impresa o dell’affare né come strumenti rappresentati da titoli o certificati.

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